[…] Il ragazzo che aveva perso il rospo era tornato, ma questa volta con lui c’era una ragazzina che indossava la sua uniforme di Hogwarts nuova fiammante.
“Qualcuno ha visto un rospo? Neville ha perso il suo” disse. Aveva un tono autoritario, folti capelli bruni e i denti davanti piuttosto grandi. […]
Viene così introdotta Hermione Granger nel primissimo libro della saga di Harry Potter, il maghetto più famoso al mondo nonché collana di libri a me molto cara.
L’ingresso in scena di Hermione è brusco, interrompe una conversazione tra Ron ed Harry e incurante si intrufola nelle loro vite, sebbene gli esordi non facciano ben sperare in una solida storia di amicizia e amore.
L’incontro con la mia persona, la mia Hermione, è avvenuto quasi venti anni fa. Era il 14 o il 15 settembre 2001, vivevo per la prima volta sulla mia pelle una storia fatta di terrorismo che non si fermava solo sulle pagine che leggevo a scuola, ma facevano parte del quotidiano e avrebbero influenzato gli anni successivi e la storia moderna. In quel periodo io combattevo un’altra battaglia, che ancora oggi mi porta non pochi problemi: la mia timidezza. Mi apprestavo ad iniziare un nuovo ciclo scolastico, quello delle scuole medie, dove non avrei incontrato le mie amiche delle elementari e avrei dovuto incominciare tutto daccapo. E se non fossi piaciuta a nessuno? Se non avessi mai intrecciato nuovi rapporti di amicizia? Questi pensieri mi angosciavano non poco allora. Per fortuna ora riesco a gestirlo molto meglio, ma la sensazione di disagio che mi accompagna quando devo conoscere qualcuno non mi ha ancora abbandonata.
Tornando a noi e a quel primo giorno di scuola, ricordo che quella mattina ero salita sull’autobus che raccoglieva i bambini della zona per lasciarli davanti all’istituto. Si ferma, sale un’altra manciata di bimbi e vedo salire la mia Hermione: capelli castani e arruffati, zaino in spalla e sguardo curioso. Prende posto proprio dietro di me. Eppure quella bambina aveva un’aria familiare, ma non riuscivo proprio a ricordare dove l’avessi già vista. Ci pensa lei a rinfrescarmi la memoria. La sua testa tutta capelli fa capolino tra le spalliere dei sedili e mi saluta: “Per caso tu vieni in Corderia? Alla spiaggia?“
Ecco dove l’avevo vista, tutte le estati al mare, al bar a prendere il gelato, nei balli di gruppo con gli animatori. Era proprio lei!
Annuisco e accenno un sorriso, cercando di controllare il rossore che sento salire su tutto il volto.
“Io sono Katia” mi dice. “Ciao, io mi chiamo Jessica.”
A ben pensarci, venti anni sono tanti, ne ho conosciute di persone, molte delle quali sono state solo di passaggio nella mia vita. Ma nessun incontro è ancora tanto vivido nella mia memoria quanto quello. Katia mi ha – letteralmente e non – accompagnata per mano per tutti questi anni, nonostante la vita si prenda gioco di noi in modi che mai avremmo potuto ritenere possibili. Capisco quando vuole cercare di distrarmi mandandomi messaggi decisamente demenziali o cerca di occupare il mio tempo con altri pensieri che non siano i miei autodistruttivi. La capisco e lascio fare, perché una delle poche certezze della mia vita è che so di aver sempre bisogno di lei in qualche modo. L’anno scorso, dopo che non ci siamo viste per un po’ di tempo, si è trovata materialmente nelle mie giornate e non avrei potuto chiedere di persona migliore che mi tendesse la mano e mi risollevasse.
Dopo tre anni di scuole medie e cinque di liceo dove ancora mi rinfaccia i lividi sul braccio sinistro perché era il mio modo per attirare la sua attenzione, l’università ci ha viste prendere strade diverse. E poi il lavoro, le trasferte, Milano, Roma, Castellammare. Noi ci siamo sempre state, per i primi amori, le prime delusioni, le prime sbronze, le discussioni in famiglia o con amici, i primi viaggi insieme, Parigi, Stresa, Valencia, i litigi tra noi che ci hanno portato periodi di stallo, per poi ritrovarci di nuovo e più unite di prima.
Per me è sempre stata la mia Grande Puffo, come spesso l’ho chiamata nel corso di questi anni, quando dispensava perle di saggezza decisamente troppo profonde per la sua età… e continua a farlo! Ci sono stata quando pensava di essere persa e non vedeva la luce in fondo al tunnel, ma sono sicura che alla fine sia sbocciata grazie al lavoro che ha compiuto su se stessa. Ora è una donna autonoma, indipendente e inalterata nella sua bellezza, anche quando ha scelto il compagno della sua vita, perché è stato un valore aggiunto, e non un elenco di privazioni. La guardo e so che ho ancora molto da imparare da lei.
Katia è il giallo, il suo colore preferito, il colore dei girasoli, il colore del sole, della vita. Questa piccola lettera d’amore è per lei, per augurarle un buon compleanno e per ringraziarla in qualche modo per tutto quello che mi dice, ma soprattutto per tutti i silenzi pregni di significato.

Katia è la mia Hermione. E si sa, senza Hermione, Harry sarebbe morto nel primo libro.
Jessica
PS: in questi giorni ricorre anche il primo compleanno di questo blog. Grazie a tutti coloro che si fermano a leggere, a leggermi, siete preziosi per me.