Pubblicato in: èsololavita

Settembre

Settembre è un mese di merda per ricominciare” cantano i Gazzelle. Eppure non sono mai stata d’accordo con tutti coloro i quali hanno sempre provato astio nei confronti di questo mese, odiato quasi quanto gennaio. Perché? Beh, la risposta è abbastanza ovvia: sono entrambi mesi nei quali ci ripromettiamo una marea di buoni propositi che andranno puntualmente a farsi benedire nel giro di poco tempo. La palestra, la dieta, vedere più mostre, uscire più spesso, essere più presenti. Alla fine, ci ritroviamo in men che non si dica di nuovo all’estate successiva, per poter constatare che no, nemmeno quest’anno siamo stati in grado di essere abbastanza ligi al dovere.

Io però ho sempre amato settembre. Ho sempre amato l’aria frizzante del mattino, la ricerca della coperta durante la notte, quell’incertezza di fronte all’armadio quando non sai cosa cazzo mettere, perché la mattina ci sono 10 gradi e durante la giornata ci si ritrova con uno sbalzo termico che deserto del Sahara, scansate proprio! Ma la cosa che ho sempre e profondamente aspettato di settembre è stato il ritrovarsi. Ricordo l’attesa intrepida di una Pupetta in età scolare, che non vedeva l’ora di tornare a scuola, di imbrattare il diario miracolato con tutte le esperienze di un anno, di compiti, di dediche o semplicemente piccole note che ora siamo soliti depositare nella memoria del cellulare. E, non vogliatemene, ma io amavo fare i compiti! Non vedevo l’ora di tornare a casa ed immergermi negli esercizi in lingua straniera… forse un po’ meno nella matematica, e certe cose davvero non cambiano mai! Che bello quando davanti all’androne della scuola ci ritrovavamo tutti, volti noti e abbronzati ancora, sorridenti e carichi di ansia ed eccitazione, a raccontarsi dell’estate appena trascorsa, degli amori transitori che solo i 35 gradi all’ombra sanno regalare: forti, che odi, ma che lasciano il segno.

Con il tempo sono cambiate le modalità, ma ho rivisto un po’ di quella gioia anche quando si rientrava in ufficio, aggiornandoci su quella ormai breve parentesi, nulla a confronto della pausa estiva propria delle scuole, eppure riusciamo ad infilarci tutto lì dentro, fosse anche una sola settimana, quella di ferragosto, dove al mare non trovi un posto nemmeno pagando fior fior di quattrini. E tu, tra un cliente già esaurito e l’altro, sei lì a ascoltare, a raccontarti e a sognare quello che verrà. Ho sempre amato settembre.

Quest’anno però, eh… quest’anno… eccome se si percepisce la differenza! Le quotidianità sono state completamente stravolte; è così strano in questi giorni incontrare persone che non vedi da un po’ e apprendere quanto siano cambiate le loro vite nel frattempo. Non sono poche le realtà completamente stravolte, figlie di un lockdown che ha portato a chiederci inevitabilmente: è questa la mia vita? Mi piace cosa sono diventato? Mi piaccio?

C’è chi ha potuto rispondere affermativamente ad entrambe le domande. Altri invece non se la sono sentita e hanno cercato di sfruttare tutte le risorse possibili per poter modificare il loro status. Si parla tanto di south working, ovvero di persone che sono ‘tornate a casa‘, magari perché non riescono più a sostenere un affitto oppure perché hanno scoperto che, fermatosi il tran tran quotidiano, l’unica cosa tra le loro mani era la solitudine, e quindi vaffanculo i vestiti griffati e la mondanità, parto alla ricerca di qualcosa di autentico.

Tra queste persone, ma secondo motivazioni e modalità differenti, rientrano proprio i miei colleghi, o forse dovrei dire ex… o forse ancora dovrei dire che non sono mai stati effettivamente colleghi, perché l’intimità reciproca è tale che nessun edificio fisico ha mai impedito il raccontarsi, il sentirsi e il volersi vedere, il perdersi negli abbracci carnali che hanno sempre saputo parlare molto più di qualsiasi parola vana. Ciò che cambia però, sono le chiacchiere di primo mattino davanti ad un caffè, è il condividere la schiscetta della pausa pranzo e un giretto per i negozi prima di tornare a casa. E ancora è il supporto reciproco quando all’improvviso si viene a conoscenza di qualcosa di spiacevole, oppure di bello, bello assai.

A differenza dell’ingenuità adolescenziale, sappiamo benissimo che in età adulta i rapporti, se non si interrompono, mutano continuamente, perché non si smette mai di crescere e di evolversi (oppure involversi), di perdersi e poi ritrovarsi, o perdersi e basta. Le promesse sono tante, ‘mi raccomando non perdiamoci, questo è solo un arrivederci, quando ci rivediamo? io sono qui‘, e poi ci si mettono mille intoppi, mille imprevisti. Ci avete mai pensato a chi si trova dall’altra parte ad ascoltare? Di solito è qualcuno che ci crede davvero a quelle parole, che vede la gente andare via, spettatore ignaro della sua stessa vita che continua a mutare e a portarsi via le persone alle quali hai dato un pezzetto di te. E loro se lo tengono questo pezzo, mentre lo spettatore continua a perdere sempre un po’ e deve, ancora una volta, rimboccarsi le maniche e ricominciare tutto daccapo. Inizia una nuova sfida, ma è questo ciò che fa crescere, no?

Non è colpa di settembre: è colpa di quest’anno bisesto e funesto, e delle continue incertezze della vita. Magari questo è ancora agosto, quando saluti tutti prima di ripartire. Perché prima o poi si ripartirà, magari pure meglio, e allora tornerà anche settembre. Tanto sembra che in questo 2020 possa accadere veramente di tutto, no?

Jessica