Pubblicato in: èsololavita

Carissima me…

Vi è mai capitato di pensare a come eravate fino a poco tempo fa, o in un passato non ancora troppo remoto? A me succede spesso; mi ritrovo a guardarmi allo specchio, e non posso non notare quanto i miei capelli siano tremendamente cresciuti nell’arco di poco tempo; quel brufolo sul mento, segno evidente di uno sgarro a base di Nutella, che ha deciso di lasciar tracce nonostante tu, quatta quatta, abbia affondato il cucchiano nel barattolo lontana da occhi indiscreti.

A volte mi capita di pensare a come ero, non solo esteticamente, ma soprattutto caratterialmente, senza dover vedere troppo più in là del mio naso. Mi capita di pensare alla Pupetta ingenua, indifesa, che credeva ancora nelle favole. O meglio, alle favole credo ancora. Che possano trovare terreno fertile al giorno d’oggi, direi di no. Decisamente no, e questa è un’altra storia.

A volte è come se potessi sentirla, la me di un anno fa. È come se in maniera prepotente mi dicesse di non dimenticarmi di lei, che lei ha bisogno di me, perché è convinta che quel mondo ovattato nel quale ancora abita sia il posto a lei predestinato, e ha bisogno di tutta la forza possibile per crederci, perché lo sta facendo da sola. Altre volte ancora, forse, sono io ad aver bisogno di lei, per ricordarmi di non essere sempre pessimista e cinica, e che di tanto in tanto, con pazienza e perseveranza, le cose belle possono ancora succedere.

Non si è svegliata, la piccola Pupetta, non ha ancora aperto gli occhi perché non vuole farlo, e non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire. Pensa che, come i bambini che giocano a nascondino, si possa celare tutto semplicemente chiudendo gli occhi, o spazzando la polvere sotto al tappeto. Lei non lo sa ancora, ma quella polvere ha creato una piccola duna, e chi ci passa su inciampa palesemente, facendolo notare. Ma lei nega, nega spudoratamente. La dolce Pupetta non vuole ancora vedere quello che ha sotto gli occhi e non mi sento di biasimarla, ognuno reagisce come può di fronte alle difficoltà. Piccola bambina mia, quante ore di sonno hai dormito stanotte? Sei arrivata al minimo sindacale, ché la privazione di sonno è una cosa seria, mica tanto da riderci su. Domani ti aspetta una nuova giornata di lavoro, la sveglia suonerà lo stesso, se ne frega.

Lasci già che le lacrime concilino il tuo sonno e le tue notti? Ti penso, Pupetta, perché se potessi, verrei lì ad abbracciarti, solo abbracciarti: sei inconsolabile e più di questo non riesci a sopportare. Oggi ho le parole giuste che avresti dovuto dire, ti avrei indicato le persone giuste da cui correre senza girovagare troppo a vuoto elemosinando tempo, o cercando conforto tra coloro che non hanno mai capito nulla, che di fronte ai tuoi scleri ridevano delle parole che tu utilizzavi, senza percepire la rabbia che usciva da ogni fibra del tuo corpo, e anzi gettandoti addosso le loro banalità in momenti davvero poco opportuni.

Guardaci adesso, Pupetta, guarda come siamo diventate grandi, decisamente autonome e un po’ più egoiste… questo avresti dovuto impararlo prima. Ma ricordati di non esagerare mai, che Narciso ci ha rimesso le penne a bearsi solo di sé stesso. Voglio dirti una cosa che sentirai molto spesso, ma a cui non darai credito all’inizio: sei più forte di quanto tu riesca ad immaginare. E ce la farai. Le altre parole scacciale via dalle tue orecchie e dai tuoi pensieri come si fa con le mosche particolarmente fastidiose.

Quanto alla Pupetta del futuro, ti dico di preservare la solarità, anche quando fanno di tutto pur di abbatterti. Segui i consigli di chi sa meglio di te, o crede di farlo, e non diventare troppo cinica, perché la strada la stai spianando per bene e a lungo andare potresti non riconoscere più chi ti passa sotto il naso. Spero che in un futuro non troppo lontano smetterai di dire che non senti più nulla, che non sai se sarai in grado di provare emozioni al di fuori della protezione della pluriball! Ci siamo sempre sottovalutate in ogni circostanza, pensando che gli altri siano migliori in ogni cosa. Non potremmo mai cambiare un’idea così radicata, ma dovresti imparare a volerti più bene e ricordarti che le persone sanno solo vendersi. Peccato che per loro non è previsto il reso come un pacco Amazon.

Hai sempre diviso il mondo in due categorie: chi sposta un sassolino e deve urlarlo al mondo intero, e chi sposta macigni in silenzio, e ti piace riconoscerti in quest’ultima immagine. Ma di tanto in tanto, alza la testa e raccogli i tuoi meriti, perché a questo mondo non ci vuole niente che passi qualcuno e ti ruba il lavoro. Noi lo sappiamo, sì, ma a volte non bisogna dare troppe cose per scontato e occorre sottolineare le banalità.

Mi piace la tua, la nostra voglia di imparare sempre, di esplorare campi nuovi e avventurarci in ambiti a noi ancora sconosciuti. Chissà che questa smania non ci porti finalmente da qualche parte. Che facciamo, ci diamo appuntamento all’anno prossimo e vediamo come sono andate le cose?

Jessica