Pubblicato in: èsololavita

Chi sente ancora la campanella…

Siamo nel pieno dei giorni di auguri ‘a te e famiglia‘, in cui auguriamo a tutti di trascorrere un lieto Natale in compagnia delle persone che più amiamo, della nostra famiglia in particolare.

Eppure, in questi giorni ho avuto modo di osservare le persone, di guardami intorno per notare diversi atteggiamenti, il loro modo di comportarsi, ma soprattutto l’affanno. Il costante affanno per il motivo più disparato, e disperato. La ricerca del regalo perfetto, del budget da rispettare, della costrizione di fare il regalo a qualcuno solo perché abbiamo ricevuto una scatola di cioccolatini. Insomma, più diventiamo adulti e più ci imbruttiamo. Si tratta di una bruttezza che non ha niente a che vedere con il taglio di capelli che non ci piace, quanto piuttosto a quella faccia corrucciata che assumiamo tutte le volte che camminiamo per strada, anche da soli, e non ce ne accorgiamo, perché diventa tutto una rottura di scatole.

Non posso nascondere che in questi giorni abbia dovuto respirare a fondo per un sacco di fastidi e rotture di scatole, dall’apparente semplicità di tornare a casa dopo lavoro e trovare puntualmente la circolazione dei tram interrotta per svariati motivi, al continuo essere spintonati dalle persone perché devono correre.

Quando ero piccola il Natale aveva un altro sapore, il sapore dell’attesa, dell’emozione e della famiglia riunita a tavola. Aveva il sapore dei baci dei parenti e della poesia detta ad alta voce nonostante la timidezza. Era la tombola, erano i giochi con le carte, era tutto quello che oggi si fa fatica a condividere perché il tempo deve essere trascorso a vedere le storie degli altri, o a controllare il numero di visualizzazioni della nostra. La storia dovrebbe essere una soltanto: trascorrere del tempo con le persone che si trovano sedute a tavola con noi, collezionare ricordi, e non stories. Perché sono quelli che porteremo sempre con noi, ad ogni Natale che passa.

Ogni Natale ci catapulta in un periodo in cui tutto viene amplificato, in cui tutte le emozioni inevitabilmente rimbombano nella nostra testa, che siano sensazioni positive o negative. Sono i ricordi a farla da padrone. Allora io mi chiedo che cosa ricorderanno le persone di queste ultime festività, dato che, piuttosto che creare nuovi ricordi, preferiscono vivere quelli degli altri. Badate bene, non mi stancherò mai di dirlo: quasi tutto ciò che vediamo, tutto ciò che viene condiviso, non rispecchia necessariamente la realtà. Ecco, così come vengono applicati i filtri alle foto, dovrebbe essere filtrata anche quella realtà, perché non riesco a capire dove possa portare il consenso altrui.

Vorrei chiudere il post con questa riflessione, ma vorrei anche tornare al titolo dell’articolo: chi sente ancora la campanella…

Per me Natale significa anche guardare, da tradizione, una serie di film che mi piacciono tanto, tra cui Polar Express. Mi rendo conto che i cartoni animati recenti vengono sempre più adattati agli adulti piuttosto che ai bambini. Il ragazzino protagonista, nonostante all’inizio scettico, conclude il film dicendo che anche da adulto riesce a sentire la campanella di Babbo Natale, cosa che invece non sono più in grado di fare tutti quei bambini del film che credevano ciecamente nell’omone vestito di rosso.

Io credo che un po’ di magia ci servirebbe sempre, e non si tratta di qualcosa di tangibile, ma di quel bagliore che continua a risplendere negli occhi nonostante la vita… e non credo di dover aggiungere altro.

Mi piace pensare di sentire ancora la campanella della slitta, che il 24 notte ci sia davvero un po’ di magia nell’aria e che siamo noi a crearla, gli eterni illusi, gli eterni pensanti che sperano ancora in qualcosa, e che, nonostante tutto, non smetteranno mai di farlo.

Buon Natale da una Pupetta nostalgica e illusa, che sente ancora la campanella…