Ricordate quando, in qualche post fa, ho fatto cenno del proverbio napoletano ‘chi chiagne fott a chi ride’? Ebbene, mi sembra che i tempi siano maturi per poter affrontare questo discorso. Questo detto trae ispirazione da quelle innumerevoli persone che sentono la costante necessità di lamentarsi, anche senza una motivazione valida. Le ragioni possono essere le più disparate: predisposizione caratteriale, ignoranza, scaramanzia (e quindi, ignoranza ancora). Qualsiasi sia la causa scatenante, un solo imperativo è categorico: la GENTE deve credere che tu te la stia passando male, sempre e comunque. Non è concesso far sapere agli altri che per un giorno tutto può andar bene, che organizzi un viaggio, che ti rialzi dopo una caduta, perché nella maggior parte dei casi la risposta è una soltanto, beato te…
Coloro che piangono, fottono coloro che ridono. Questa sarebbe grosso modo la resa in italiano, ma perde la carica di significato, perde l’amarezza di chi realizza che, sorridendo, deve sentirsi dire sempre un ‘beato te’ di accompagnamento. Beato te che sei andato qui, beato te che hai un lavoro, beato te che ti sei laureato, beato te…
Ci sono diverse categorie di personaggi che potrebbero essere menzionati. Si passa dallo studente simpaticone che arriva all’esame dicendo di non sapere nulla e poi puntualmente firma per il 30; chi ad un banale ‘come stai?’ non ti risponde mai ‘bene’, ma anche il caldo, il freddo, la pioggia, l’aria che si respira può essere indice di fastidio. Fino ad arrivare a loro, quelli più subdoli, e anche un po’ cattivelli. Coloro che in realtà stanno bene, ma che hanno la necessità di mostrarsi al mondo come cani bastonati, quando in realtà le percosse non le hanno mai ricevute, ma solo date. Quelle persone che hanno l’abilità di tramutare la vittima in carnefice, sebbene la storia sia ben diversa. Molto diversa. Anche loro piangono e fottono.
A tal proposito, mi piace tantissimo una citazione di Alda Merini:
E se diventi farfalla nessuno pensa più a ciò che è stato quando strisciavi per terra e non volevi le ali.
Alle persone piace soffermarsi alla superficie delle cose, che fatica sarebbe cercare altri significati o chiedersi il perché di determinate azioni! Quando sei bruco, decidi tu se mostrarti al mondo o meno. E’ una mera questione caratteriale: c’è chi vuole condividere con tutti, e chi rintanarsi nella propria tana prima di esporsi nuovamente alla luce del sole. Io mi riconosco sicuramente nella seconda categoria. Non perché il bruco non sia bello, ma per il semplice motivo che, per poter uscire dal bozzolo, ha bisogno di costruirselo da solo. Ha bisogno di capire quanto sia importante il tempo impiegato e la qualità del tempo trascorso. Solo dopo, con pazienza, viene fuori la farfalla. E non sarà solo bella, ma anche consapevole di com’era, di cosa ha lasciato alle spalle e della sua capacità di reinventarsi per cavarne qualcosa di buono per sé e per gli altri.
In quest’ottica, chi ‘chiagne‘ può continuare pure a farlo, senza però disturbare più chi ha scelto di ridere.
Mi dispiace, non mi vedrete con le lacrime agli occhi, cospargermi il capo di cenere, fare la vittima o puntare il dito. Non ho bisogno di preparare il terreno di un vittimismo infantile per trovare compiacimento nelle persone che in teoria dovrebbero sapere chi sono. Chi mi conosce, sa. Senza nemmeno troppi sforzi dietro parole vane. Le lacrime me le hanno asciugate e le ho lavate via da sola, senza necessariamente farlo sapere al mondo. Se oggi regalo sorrisi, sorrisi sinceri, sono semplicemente il frutto di tanta sofferenza che mi ha indotto a migliorarmi, ad evitare situazioni che non mi andavano più giù, e ci sto lavorando ancora. Diffidate dalle apparenze, i social vogliono mostrare solo ciò che si sceglie di mettere sul bancone del mercato al mattino. A tutto il lavoro del contadino, del pescatore, del venditore ambulante che si sveglia nel cuore della notte per guadagnarsi il pane onestamente, nessuno ci pensa.
I beati lasciamoli nell’alto dei cieli, pensiamo piuttosto a cosa possiamo fare noi per non risultare pedanti, per non fingere ciò che non siamo più. In caso contrario, ho anche io una piccola lagna da fare: beati voi che siete ignoranti e non capite…
Jessica