Pubblicato in: Wanderlust

Aria di casa

Caro diario…

Lo ammetto, non torno a casa tanto spesso quanto vorrei in realtà. Ogni volta ci sono mille impedimenti, mille impegni, orari scomodi di treni o aerei e i mille calcoli per cercare di capire come poi raggiungere la provincia. Detto così, parlando di una provincia del sud, si potrebbe pensare subito al paesello, quello con mille anime sperdute che si conoscono gli uni con gli altri. Ma non è questo il caso.

Potrei stare qui ad elencarvi le meraviglie di quel territorio, abbracciato dal mare e dalle montagne. Potrei parlarvi delle 28 fonti di sorgenti termali e dei tempi gloriosi in cui persone da ogni dove venivano a risanarsi. Potrei parlarvi dell’odore del pane appena sfornato e del fruttivendolo di fiducia, proprio quello che coltiva la frutta e la verdura nel suo orto. Dei taralli, dei laboratori di pasticceria, dei fratelli Abagnale, dell’Amerigo Vespucci, dei cantieri navali, di come Plinio il Vecchio sia morto sulla spiaggia di Castellammare per vedere da vicino la famosa eruzione del 79 d.C.

No, non voglio fare l’elenco, ma consapevolmente è proprio quello che sto facendo, sforzandomi di non continuare per non divagare troppo. La verità è che tornare a casa, non importa quanto tempo sia passato prima, scatena la memoria, fa riaffiorare sapori e profumi che non avevi dimenticato, e ti induce a chiederti come abbia potuto farne a meno per tutto questo tempo. Tornare a casa è un’emozione ogni volta destinata a rinnovarsi in forme e modi differenti: ritrovi persone sinceramente felici di vederti, e sembra di non averle mai lasciate per davvero. Certo, ai loro occhi resti ‘a milanes’, ma va bene così. Quando poi si rientra a Milano, torni ad essere la napoletana, e ti rendi conto di essere ormai diventata un ibrido senza più collocazione geografica.

Non è facile racchiudere in poche battute le sensazioni che vivono coloro lontani da casa nel momento in cui vi fanno ritorno, quando da lontano iniziano a delinearsi quelle famose due gobbe del Vesuvio, realizzando di esserci quasi. La gioia di chi ti aspetta, a casa o in stazione, per farti mangiare tutto ciò che vuoi e toglierti quegli ‘sfizi‘ che da tempo non assaggiavi. Sì, perchè la priorità assoluta è sempre il cibo, ‘o magnà’, e che magnà…

Un capitolo a parte merita il caffè, l’incontro al bar a qualsiasi ora del giorno o della notte. Il caffè non è solo quella bevanda miracolosa che ti tiene sveglio le giornate in cui proprio no, non ce la fai nemmeno un po’. Il caffè è un pretesto per un incontro. Quando dai appuntamento a qualcuno, non ti limiti a dire semplicemente ‘ci vediamo’, ma ‘ci vediamo per un caffè‘. Ogni volta si assiste a questa danza in cui ognuno si precipita davanti alla cassa per pagare e offrire, perchè il caffè non si paga singolarmente. E’ un modo per dire ‘grazie per avermi fatto compagnia, per aver preso un caffè con me e per aver scambiato due chiacchiere‘. Proprio in uno dei miei momenti da bar, quando mi trovavo giù, ho assistito a questa lotta tra due amici che si contendevano il pagamento alla cassa, ognuno già con il portafogli sfoderato. ‘Mi offendo!’, eh già, ci si offende se non accetti il caffè pagato, ci si offende se l’acqua si beve dopo, perchè serve a pulire la bocca da qualsiasi altro sapore precedente, e se non ti scotti le mani con la tazzina non vale, perchè il caffè si prende con le tre C: comm cazz coce!

La mia parentesi stabiese si è conclusa proprio in un bar. Finisco di mangiare la mia brioche buonissima, sorseggio il caffè guardando il mare e le macchine che mi disturbano la visuale. Dalla radio parte ‘Viva la vida’ e mi rendo conto che proprio qui, proprio ora, sì, viva la vida! Viva la vida che ti fa sentire viva, e questo solo grazie a te, alla voglia di fare e alla smaniosa voglia di vivere, di mangiarsela a morsi, la vita. Torno all’altra mia casa piena di nuove consapevolezze, portando nel cuore delle emozioni vissute in una vacanza fin troppo breve, ma fin troppo necessaria. Nonostante sia passato già qualche giorno e il caos della metropoli si sia di nuovo impossessato di me, ho ancora negli occhi le sfumature dell’azzurro del mare di Capri, la sensazione dell’acqua fredda che mi bagnava i piedi, e la consapevolezza che non sarà mai un addio.

Il sud, Napoli, Castellammare, possono avere tante cose ‘storte‘, tante cose da aggiustare. Eppure, deve esserci un motivo se tutti continuano a tornare a casa, sebbene per pochissimo tempo. Deve pur esserci un motivo se, andando via, scoppia nel petto l’appucundria che canta Pino Daniele (a proposito, Pino canta in ogni angolo delle città). C’è una mentalità, un modo di fare, unico nel suo genere, dove anche lo straniero riesce a sentirsi a casa e dimenticare ogni imprevisto incontrato durante il cammino. Nonostante si mangi solo veleno, non manca mai quel sorriso e quella convivialità tipiche del sud. Caffè?

Jessica